Vent'anni negli slum di Nairobi, sulla Kabiria road. Il bimbo accolto vent'anni fa da Amani e Koinonia ora ha trent'anni, è l'uomo che non sarebbe mai potuto diventare se fosse rimasto per la strada a combattere contro fame, freddo, droga, abusi, senza possibilità di pensare al futuro. Quando Kivuli era un’oasi in mezzo al nulla e la Kabiria Road era famosa per aggressioni e rapine, George Njuguna, che oggi siede sulla poltrona di General Manager di Kivuli, aveva otto anni e stava per strada. Richard Muko, uno dei fondatori di Koinonia aveva 25 anni e con un gruppo di amici aveva un sogno: fare qualcosa per la sua città e per chi stava ai margini.
Tutto è cominciato tirando calci a un pallone e mangiando fette di pane con i bambini di strada che nessuno considerava. «Giocavamo a calcio il sabato coi bambini che stavano in strada, intorno a Riruta Satellite - racconta Richard. Koinonia è nata come costola della comunità che padre Kizito aveva fondato in Zambia. L’idea era mettere insieme i talenti che ognuno di noi aveva e trovare quelli sprecati in mezzo a una strada, per farli crescere». Alla Koinonia Mother House un gruppo di ventenni di Nairobi accoglieva i bambini di strada il sabato pomeriggio offrendo la merenda, acqua e sapone per lavarsi e lavare i vestiti, un pallone da prendere a calci. I soldi per comprare quel che serviva ce li mettevano loro. Cento scellini alla volta. Poi è arrivato un medico tedesco, l’anno successivo Gian Marco Elia con i suoi amici per il primo campo di incontro. «Gian Marco è venuto una prima volta, poi è tornato ed è tornato ancora: da lì è cominciato tutto con Amani. I bambini sono diventati il nostro pensiero fisso, con l'aiuto degli amici italiani abbiamo potuto fare di più e meglio, insieme», spiega Richard. Ora, dove prima c'era un edificio in mezzo al nulla, c'è un piccolo universo attorno al quale è cresciuta e cambiata la stessa Kabiria Road. «Erano 10 bambini, all'inizio - dice Richard - non avremmo mai immaginato che quell'attività avrebbe dato origine a Kivuli Centre, Anita e a tutto quello che si vede ora».
Kabiria è cresciuta con Kivuli. «Kivuli è diventato il centro di Kabiria - spiega Richard - un sacco di realtà sono cresciute intorno noi e il Governo lo ha riconosciuto». Nel 1996 qui si arrivava solo a piedi, quasi non c’era la strada. Di notte il buio era illuminato solo da lampade a olio. Ora ci sono luci per strada, matatu che portano in città, di sera un gran mercato in cui chi torna da lavoro compra qualcosa da cucinare o si ferma a mangiare.
«Koinonia di oggi è un passo più vicina al sogno che avevamo - spiega Richard - ovvero fare la differenza per i bambini più vulnerabili. Ci sono persone di Koinonia che hanno dato se stesse per la comunità. E i bambini cresciuti sono diventati uomini di successo, anche più di noi che abbiamo messo in piedi tutto questo. Credevamo che, cambiando una vita, saremmo riusciti ad avere un impatto su tante altre. Così è stato. Quella di George è la storia di tanti, tanti altri ragazzi di Kivuli: ora lui è grande, preparato, si prende cura dei ragazzi del centro. E quello che c'è adesso è frutto di questi vent'anni di impegno con Amani».
Amani e Koinonia, due gruppi di giovani, italiani e africani, con una visione comune. «Era tutto più facile all'inizio - ricorda Richard - poi siamo cresciuti, si sono moltiplicati i progetti, il 2009 è stato l’anno nero per la fiducia e le relazioni tra Amani e Koinonia. Ma abbiamo deciso di continuare a camminare insieme, cercando di essere sempre più trasparenti. Dobbiamo mettere in comune sempre più cose: il mio sogno è che persone di Amani siedano all'interno degli organi di Koinonia e viceversa, per rafforzare quell’unità che abbiamo quando si tratta di occuparsi dei bambini di strada».
Prendersi cura di un bambino che poi si prenderà cura di altri bambini, dell'intera società: è questa la sfida vinta in questi primi vent’anni. «Amani può aiutarci a valorizzare questo capitale sociale - spiega Richard – e ognuno può contribuire. Con la diminuzione dei fondi in arrivo dall’Italia non riusciamo a portare tutti i ragazzi che meritano alle scuole superiori o al college, ma i nostri ex ragazzi sono diventati i nostri sostenitori. Un esempio: uno dei grandi voleva frequentare un master ma non avevamo abbastanza risorse, allora tutti i suoi amici lo hanno aiutato a raccogliere i soldi necessari».
George ora è il General Manager di Kivuli. «A Kivuli ci sono arrivato per un colpo di fortuna - racconta con un sorriso aperto. Ero appena finito in strada, mio padre era morto e mia madre era malata, non c'era da mangiare. Un giorno al mercato ho incontrato Charles, un educatore. Gli ho raccontato che me ne stavo per andare di casa e lui mi ha invitato in questa struttura che stava nascendo. Avevo 8 anni, era un posto di ragazzi, è diventato per me una famiglia. Non avevamo molto, i grandi lavavano i piatti, ci portavano a scuola e ci aiutavano a fare i compiti. D’estate arrivava Gian Marco, per il campo di incontro, e ogni anno speravamo tornasse con qualcun altro e altri regali. Era una speranza, per noi. Ora ci sono metodi, scadenze, programmi personalizzati».
Non basta però. «Il mio sogno - spiega George - è che posti come Kivuli non esistano più perché i bambini non andranno più a vivere sulla strada. Per fare questo le famiglie devono riuscire a mangiare, pagare un affitto, affrontare le spese. Ma serve anche un cambiamento morale: i genitori devono capire che i bambini sono responsabilità, non si possono “ridare indietro” quando non si riesce più a sostenerli. E vorrei che nel frattempo Kivuli fosse di tutti quelli a cui ha cambiato la vita, che ognuno possa metterci un pezzo».
«Koinonia offre ad Amani le mani, le forze e il cervello per garantire che ogni investimento fatto qui sia un progetto di lungo periodo - chiude Richard. Insieme possiamo fare ancora di più. Come nelle vere famiglie probabilmente ci saranno ancora problemi. E come nelle famiglie li risolveremo insieme». Vent’anni fa Kabiria Road era famosa per i furti. Ora è un quartiere pieno di vita e di speranza per il futuro: «Nel 2036 magari avrà anche cambiato nome - dice George con un sorriso ampio, di quelli che partono dagli occhi - e sarà un posto migliore per tutti, per vivere».
Anna Ghezzi
giornalista de La Provincia Pavese e volontaria di Amani, vive e lavora a Pavia.
Photo © Archivio Amani
Richard Muko Ochanda nel 1996 mentre prepara chapati per i ragazzi accolti alla Koinonia Mother House.